lunedì 13 giugno 2011

"Aniene" di Corrado Guzzanti


Epurazione, decimazione, espulsione, deportazione; sono le prime parole che mi vengono in mente pensando al trattamento ricevuto dalla satira nei palinsesti degli ultimi dieci anni. Siamo nei campi semantici, peraltro facilmente intersecabili, della guerra e della merda. Ed è il genere di terminologia che, a giudicare dalle notizie recenti, rimarrà calzante anche per il prossimo futuro della televisione pubblica. 

Per fortuna la satira è sopravvissuta alla stagione politica e alla censura del servizio pubblico. Un po’ grazie a riserve sempre più limitate e a rischio (le solite); ma soprattutto per mezzo di altri canali, non solo televisivi. Spinoza.it è lo stato dell’arte della satira italiana, ma anche un sintomo dei tempi, lo sfogo di una nazione che sta auspicabilmente sfebbrando la propria teledipendenza. E lo stesso Corrado Guzzanti ha dichiarato: «Mi ha salvato Youtube».

In ogni modo vedere Guzzanti di nuovo in televisione è un piacere, ma soprattutto un evento. E pazienza se “Aniene” è andato in onda sulla prima rete di Murdock. Il finto spot per non udenti sul referendum è giù un cult per un pubblico potenzialmente più vasto di quello di Sky: quello di internet, appunto.

In “Aniene” Guzzanti indossa le maschere dei poteri forti, pre-democratici, non troppo occulti e orribilmente resilienti: Ratzinger, il Massone, il Mafioso, Licio Gelli. E, naturalmente, l’annunciatrice Vulvia. Mafia, religione e televisione, dunque. La politica, davanti a questi moloch, appare secondaria. Guzzanti ne racconta l’afasia: il ministro Castelli, davanti agli europarlamentari che lo mettono in difficoltà e lo insultano, sa rispondere solo «Yes»; Berlusconi, invisibile dietro un capannello di curiosi, racconta una barzelletta oscena.

Il nuovo personaggio, Aniene, è un incrocio tra una divinità latina (anzi romanesca) e Thor. Spedito sulla terra (un parcheggio del lungotevere, nella fattispecie) Aniene vorrebbe «riparà ai torti e trionfare la ggiustizzia». Ma quaggiù «è tutto un magnamagna!». Che fare? Il Padre, interpellato da sopra le nuvole, risponde a colpi di frasi fatte. Ritratto generazionale, parodia del cinema americano o ennesima scusa per indossare un parruccone color platino? Probabilmente tutte e tre le cose.

Per me il momento topico resta quello in cui Ratzinger si inginocchia davanti ai simulacri delle divinità pagane. È il genere di cosa che non vedremo tanto presto su Rai Uno.

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