mercoledì 18 maggio 2011

The Tree of Life (2011) di Un Vecchio Pretenzioso ★★




Nota: in questa recensione non troverete la parola “poesia”, ma, piuttosto, un facile esercizio di sarcasmo. Il nuovo film di Malik mi ha deluso, annoiato, ma un po’ mi ha fatto anche ridere. In questo film ci sono i dinosauri. I dinosauri! E ora la trama.

«Sono vecchio! Farò un film che parla della Vita. Ci metto la vita di un americano medio dall’infanzia alla prima adolescenza. A diciannove anni gli faccio crepare il fratello, ma fuoricampo. Poi lo ripesco un po’ di anni dopo, mentre si ricorda tutto. E aggiungo, naturalmente, l’origine dell’Universo.»

Come fare un film sulla vita senza un po’ d’amebe in computer grafica? «Iniziare prima che compaia la vita sul pianeta» è uno dei lampi di genio del protagonista di Adaptation. L’alter ego di Charlie Kaufman, in pieno blocco dello scrittore, trova improvvisamente un'ispirazione. Salta in piedi ed esclama nel registratore vocale: «…e poi, ecco! La vita comincia, con gli organismi minuscoli, con un’unica cellula! […] E da lì andiamo su cose più grandi! LE MEDUSE! E poi il primo pesce che sviluppò le zampe e si trascinò fuori dall’acqua! E vediamo… vediamo… ecco, sì! I DINOSAURI!» Nella scena successiva, riascoltandosi con affanno, il Nostro si rende che l’intera idea era una stronzata. Terrence Malik, a questa seconda fase, non ci arriverà mai.

The Tree of Life è ricco di immagini suggestive: oceani, vulcani, costellazioni, eclissi. Manca giusto il campo da golf e abbiamo la collezione completa degli sfondi di default di Windows. Il mondo, evidentemente, non ha sbadigliato abbastanza davanti alle copertine degli album new age. D’altra parte, bisogna ammetterlo: molte sequenze del film sarebbero inarrivabili, come screen-saver.

Più che di massimi sistemi, mi piacerebbe riportare il film ai sistemi minimi; il televisore della nonna, per esempio, o, per i più moderni, lo schermo di un iPad. Hitchcock – forse perfino Kubrick – funziona anche in piccolo. E Malik? Come poi queste meravigliose inquadrature in alta definizione si leghino alla storia intimista dell’infanzia del protagonista nella provincia americana è un mistero che il Regista, anzi, l'Autore, lascia alla fantasia dei suoi più fini esegeti.

Altro dubbio: come mai il racconto della vita del protagonista, reso con dovizia di particolari fin dalla nascita, si ferma alla pre-adolescenza? Che ne è stato della giovinezza? Diciamo che, in questo caso, accetto volentieri il mistero: non avrei retto un’altra ora di questo film.

Quando l’ambizione è sfrenata, e ha a che fare con il sublime, il metafisico, il cosmogonico, non basta che i mezzi siano illimitati, il cast perfetto, il montaggio maniacale. Non basta nemmeno il grande talento visuale che, innegabilmente, Malik ha sempre dimostrato. Un film come The Tree of Life poteva soltanto essere perfetto o fallire clamorosamente. 

Dove sono, quando servono, i produttori stronzi, quelli cattivi, che tarpano le ali agli artisti e li riportano coi piedi per terra a suon di ceffoni? Malik sembra non averne mai incontrati.

1 commento:

  1. Elia,sei un mito!
    Dopo aver letto la critica di Severino, la tua analisi ci fa riappacificare con la vita!
    Daria e Rino

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